Riflessioni sul Nuovo Inizio
«Vincerà questa guerra chi può perderla e che nella perdita percepisce la chiamata di un solo mutamento dell’essenza dell’uomo e si tiene pronto per questa.»1
«Un’essenza straniera ancora circonda e deturpa la nostra essenza che ci è ancora nascosta. Da dove proviene la possibilità di sedurre i Tedeschi ad un’essenza straniera, da dove l’incapacità per la politica (dei rapporti reciproci tra i popoli puramente per amore di tali rapporti e per un fine utile), da dove proviene la presunzione e da dove la scrupolosità con cui si pratica anche ciò che è erroneo (irrig) e privo di misura, da dove la mancanza di forma e tutta la mala-essenza che la accompagna? »2
«Noi giungiamo troppo tardi per gli Dei, troppo presto per l’Essere»3
Se per Julius Evola l’origine coincide con un’età dell’oro caratterizzata da un uomo “iperboreo” e spirituale che gradualmente decade lungo una china discendente fatta di età sempre più materiali; per Martin Heidegger (il quale peraltro annota una citazione da “Rivolta” nei suoi Quaderni Neri) e Giorgio Locchi il modello è quello dell’antica Grecia4, contro la “metafisica” che nega l’affermazione di un uomo dell’Essere che andrebbe recuperato nel Volk e nel paesaggio Tedesco.
Tale uomo dell’Essere sarebbe colui che è in grado di prendere la “decisione”.
Per Guillaume Faye, invece, è l’Occidente assediato dal livellamento etnico e culturale – conseguente ad un etnomasochismo moderno – che nega l’affermazione di tale Uomo della Decisione.
Si può infine affermare che la lotta tra il pensiero aurorale e ciò che lo nega non sorga in un preciso momento storico e filosofico, in modo puntuale, come ad esempio si potrebbe pensare in relazione alla diffusione del pensiero di Nietztsche. Piuttosto, tale contrapposizione è intimamente connaturata all’essenza stessa dell’Europa fin dalla sua preistoria, come fosse la sua costante e che in ogni fase della sua civiltà si siano venute a scontrare queste due visioni: il Sovra umanismo e l’Egualitarismo.
Si tratta di situazioni ogni volta diverse “poiché il figlio non è mai uguale al padre”. Non vi è quindi un passato in guisa di “terra dei beati”, o di “giardino dell’eden” così come non c’è un futuro di sola “età del piombo”. Siamo aldilà quindi di una presunta fine della storia, scaturente dall’ammonimento del pensiero moderno, dal sapore biblico-cristiano, per il quale occorra “imparare dalla storia per non ripetere il passato”. Questa affermazione presuppone che la storia sia il percorso attraverso il quale avviene il trionfo totale della morale universale e che “non ripetere il passato” sia quindi il modo per impedire ogni manifestazione del Sovra umanismo. Questi due campi – Sovra umanismo ed Egualitarismo – sono destinati a scontrarsi eternamente e polarmente. La lotta tornerebbe persino a manifestarsi anche nel momento di un’apparente vittoria di un campo sull’altro, addirittura all’interno dello stesso campo sovra umanista. Si potrebbe parlare, per descrivere questa realtà di conflittualità costante, di concezione “multisferica” della storia.
In tale contesto si inserisce il Mito degli Indoeuropei. La loro affermazione nella Vecchia Europa non si dovrebbe esclusivamente descrivere come la sovrapposizione di una popolazione vittoriosa sulle altre. Vi è un’affermazione di Volontà che va ben aldilà di un mero processo socio-biologico ed etnico: alle spalle di tale evento conquistatore c’è stata una vera e propria Scelta, una Decisione all’interno di quello che doveva essere il nucleo fondante dei proto-indoeuropei: la formazione di un’Aristocrazia. Ci viene in contro Nietzche5, che guarda al futuro proiettando un mito arcaico:
«La rigorosa conservazione di atteggiamenti significativi e scelti, un vincolarsi a vivere soltanto con uomini che non si < lasciano andare> è perfettamente sufficiente per diventare significativi e scelti: in due o tre generazioni tutto è già interiorizzato. E’ decisivo per la sorte dei popoli e dell’umanità che si dia inizio alla cultura nel luogo giusto – non nell’ <anima> (come voleva la funesta superstizione dei preti e dei mezzi preti): il luogo giusto è il corpo, l’atteggiamento, la dieta, la fisiologia, il resto ne è una conseguenza… I Greci restano perciò il primo evento culturale della storia – essi sapevano quel che facevano, quel che era necessario»(5).
Qui il termine i “Greci” potrebbe essere inteso come un nome-simbolo dell’affermazione indoeuropea nel continente sulle culture pacifiche e matriarcali.
In questo senso è ipotizzabile che simboli e modelli comuni possano essersi palesati pure tra popoli lontani, almeno entro certi limiti. Così allora la “rivoluzione conservatrice” la si intenderebbe da questo punto di vista come un ritorno degli indoeuropei nel II millennio d.C..
All’uomo della Decisione di oggi spetta quindi essere l’Indoeuropeo del III millennio, il portatore della Ruota Solare.
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Così si conclude il Quaderno Nero numero XV di Heidegger del 1941:
«I russi da un secolo sanno molto, e in maniera molto precisa, dei tedeschi, della loro metafisica e della loro poesia. Ma i tedeschi non presagiscono nulla della Russia, Prima di qualsiasi domanda pratico-politica riguardo al modo in cui noi dobbiamo porci nei confronti dei russi, viene l’unica domanda su chi i russi autenticamente siano.
Tanto il comunismo (preso per incondizionato marxismo) come pure la moderna tecnica sono sempre più europei-occidentali. Entrambi sono solo strumenti del carattere russo (Russentum) e non questo stesso.
Se la tecnica e il comunismo si scagliano contro l’Occidente dall’Oriente, in verità è l’Occidente che si scaglia contro l’Occidente in un’enorme autodistruzione (Selbstzernichtung) delle sue forze e tendenze. La storia, accanto al suo volto pubblico, ha sempre anche il suo volto nascosto. Nel mondo russo la metafisica- trova la sede adeguata nel suo ritornare a nascere (Rückgeburt). Di là essa giungerà in futuro come rigetto (Gegenwurf) verso l’inizio»6
«La distruzione (Zerstörung) è la messaggera di un inizio nascosto, la devastazione però è l’eco di una già decisa fine. Forse che l’epoca attuale sta già di fronte alla decisione tra distruzione e devastazione? Ma noi sappiamo dell’altro inizio, ne sappiamo domandando.»7
Per concludere con una piccola chiosa sul pensiero di Martin Heidegger, sul quale è ancora lontano il giorno in cui si potrà pronunciare l’ultima parola, mettiamo in evidenza che ha negato in fin dei conti la felice conclusione della storia, quella lineare, fondamentalmente antropocentrica e agostiniana del pensiero progressista egualitario. Prenderne atto per molti è stato un vero shock. Filosofi che per anni hanno amato giocare con il pensiero heideggeriano oggi restano sgomenti per il fatto che Heidegger abbia osservato il suo tempo con l’occhio della sua filosofia e ne abbia tratto conclusioni senza cadere nei feticci dell’occidentalismo liberale che oggi sono spesso lo sbarramento per un libero confronto o scontro filosofico. Quando l’Ente diviene religioso, presagendo la sua fine, si fa dogma e torna ad essere un dio geloso che punisce e chiede adorazione. Questa resistenza però è la prova di come la deflagrazione sia inevitabile, “la distruzione messaggera di un inizio nascosto”.
A.M.
Note:
- (1) Martin Heidegger Note I-V, Quaderni Neri 1942/1948 pag.52. Bompiani 2018
- (2) op. cit. Pag 63
- (3) op. cit. Pag 73
- (4) Giorgio Locchi. L’essenza del Fascismo. Altaforte edizioni 2023
- (5) F. W. Nietzsche, Crepuscolo degli idoli, in Opere di Friedrich Nietzsche, Vol. VI/3, Adelphi, Milano 1970, par.47, p.149 citato da Philippe Baillet nel suo saggio “Giorgio Locchi, l’essenza del fascismo e la rigenerazione della storia” vedi nota 4.
- (6) Martin Heidegger Riflessioni XII-XV, Quaderni Neri 1939/1941 pag. 356,357. Bompiani 2016
- (7) op. cit. Pag. 3