I figli di Atlantide

 

Appare sorprendente come in certi momenti improvvisi della Storia si verifichino degli accadimenti, dei cambiamenti che appaiono ai posteri come inspiegabili e improvvisi. E’ questo forse il caso del megalitismo Europeo. Guardiamo una cartina, vediamo sorgere quasi contemporaneamente le stesse strutture, gli stessi significati, dalle Isole Britanniche alla Spagna, le Baleari, la Sardegna, sino anche in Puglia, il nord Africa, il Medioriente. E’ quello che gli archeologi chiamano il Neolitico. Strutture che per noi restano magiche e che dovremo tornare a sentire nel loro senso spirituale e sacrale, poiché questo era il senso che ne davano gli uomini che ne sono stati artefici. Stiamo parlando di una cultura, una civiltà comune europea occidentale, di cui ritroviamo le tracce materiali nei grandi scambi commerciali documentati dall’archeologia. E’ ormai assodata la corrispondenza di struttura e di orientamento che hanno i menhir e dolmen in tutta Europa e in Sardegna, così come la caratteristica forma delle loro sepolture a tumulo, che dopo si diffonderanno anche nell’Europa nordica, se pur troviamo tracce significative di questa cultura anche in Scandinavia in tempi molto arcaici.

 

 

In proposito occorrerebbe distinguere tra l’uso primordiale che i popoli del megalitismo facevano di costruzioni come le “Tombe dei Giganti”, “Allee Converte” ecc. e il loro riutilizzo  nelle culture successive, come il caso di Newgrange in Irlanda, risalente al 3200 a.c. forse il più antico monumento ciclopico rimasto intatto del Pianeta. Questo sito è interessante per la fenditura situata sopra l’ingresso, attraverso cui al solstizio d’inverno la luce del Sole va a irradiare la camera interna, questa caratteristica strutturale la rende sicuramente simile ai nuraghe. Il suo utilizzo funebre fu solo successivo, e bisognerebbe considerare tutti questi monumenti principalmente come templi solari in cui si celebrava la rinascita del sole e delle stagioni, legato alla fecondità e alla rigenerazione del Clan,  piuttosto che come “tombe” monumentali. Scrive Ian Wilson in “i pilastri di Atlantide”: In Irlanda è stato compiuto uno sforzo altrettanto immane per creare Newgrange, uno straordinario monumento megalitico che risale al IV millennio a.C. Situato in un’ansa del fiume Boyne, non distante dalla cittadine di Drogheda, sulla costa orientale dell’Irlanda, questo tempio, come quelli di Malta, sembra essere stato concepito come casa degli antenati. Vanta inoltre, una straordinaria caratteristica architettonica. Si tratta di un sepolcro a corridoio, alla fine del quale si affacciano tre camere, collocate a forma di croce. Le tre camere e il passaggio sono ricoperti da una stratificazione a volta, costituita da pietre piane, del peso di svariate tonnellate. Sulla volta si apre una finestrella attraverso la quale il giorno del solstizio d’inverno la luce del sole entra perpendicolarmente, inondando di luce il complesso sotterraneo. Newgrange dunque testimonia anche la notevole conoscenza astronomica e geodetica dei suoi costruttori dei quali, per ammissione degli stessi esperti irlandesi, si ignora l’identità. Si sa solo che si tratta di un popolo della tarda età della pietra, giunto in quella terra prima degli irlandesi e che aveva importato queste straordinarie conoscenze architettoniche e ingegneristiche da altri paesi. Anche le tradizioni Irlandesi sono scarne di informazioni, si solo che Newgrange venne costruita dai Tuatha Dé Dannan – “il popolo della dea Dana” – e che si trattasse di operai straordinari, associati al colore rosso” Il Wilson prosegue nella sua esplicazione di una teoria che vede il megalitismo europeo discendere fondamentalmente dalla cultura di Catal Huyuk in Turchia, fatta risalire addirittura all’ VIII millennio a.c.  Recenti studi hanno dimostrato in ogni caso l’origine loro atlantica e non medio-orientale, come l’archeologia dell’ex oriente lux sino a poco tempo fa voleva affermare, del megalitismo occidentale. Ed è proprio in Sardegna che troviamo la maggior densità di testimonianze materiali di questo Popolo. Perché di un Popolo stiamo parlando, un popolo che a un certo punto della storia umana si deve essere diffuso dall’Occidente fin dentro il mediterraneo e oltre. Questi monumenti, stanno a testimoniare tutti uno stesso messaggio, uno stesso Mito. Essi erano Atlantidei. Durante l’ultima glaciazione che raggiunse il suo massimo 10 mila anni fa il livello dei mari era più di 100 metri al di sotto di quello attuale, nel mediterraneo l’Italia si trovava unita ai Balcani, la Corsica e la Sardegna, unite, erano un prolungamento della penisola italiana, queste terre erano coperte da foreste di conifere, il loro clima era simile a quello della Scandinavia odierna, grandi orsi e bisonti trovavano il loro habitat naturale, in questo clima freddo già allora la Sardegna doveva costituire una regione con un clima più ospitale, forse simili a quello della Germania attuale. Nonostante ciò ancora non c’era stata una presenza umana significativa che ci abbia lasciato tracce di cultura. Allo stesso tempo nell’Atlantico, in quella zona dove grosso modo ancora oggi emergono le vette di quelle che erano in quel tempo alte montagne, rimaste come isolotti ben noti, (e che dovevano essere noti pure in tempi antichi) il livello del mare era molto più basso di oggi, lasciando scoperta quella che si può ancora notare sotto l’oceano come una grande placca.

 

 

Ci deve essere stato un momento, alla fine della glaciazione, in un periodo che va dal 9000 al 6000 a.c. In cui per la latitudine di questa grande Isola Atlantica, lo scioglimento dei ghiacci era in uno stadio che ne permetteva l’abitabilità ma che allo stesso tempo non aveva ancora fatto innalzare il livello del mare tanto da sommergerla: questa poteva quindi essere la sede di una Civiltà rimasta nel mito di molti popoli come l’Isola che subì la furia di Poseidone, l’isola che ha subito il grande diluvio, la grande alluvione, l’Isola sommersa, l’Atlantide. Possiamo così spiegare come a un certo punto dall’occidente verso il nord Europa e nel mediterraneo, per rotte che essi già percorrevano, si diffonde questa cultura megalitica, che era già una cultura del “ricordo”, decaduta, in cui i saggi sacerdoti custodivano la sapienza. Essa si muoveva anche attraverso le colonne d’Ercole, con un asse che tocca il nord africa, le Baleari (che divenne poi colonia dei Balari appunto, popolo della Sardegna settentrionale), la Sardegna, l’Italia e sino all’Egitto. I libici biondi, i Mauri, i Popoli del Mare, gli Sharadana e gli altri erano le ultime vestigia che diedero l’assalto all’oriente, nel XII sec. a.c. I Fenici, nome comune con cui i Greci chiamavano appunto questi popoli (phoenikoi, i rossi) altri non erano che colonie di popoli del mare che impararono la scrittura nella costa dell’attuale libano, in contatto con i micenei, e solo per questo da essi iniziamo ad avere testimonianze scritte di queste gente di navigatori che iniziano dal nulla nel IX secolo a.c. a navigare dalla Palestina (terra dei pheleset, i filistei indoeuropei), ormai anche la genetica ha dato ragione a questo, discendenti di atlantidei occidentali che sicuramente prendono anche delle mogli orientali, apprendono una scrittura che diventerà poi l’alfabeto fenicio e iniziano a ripercorrere a ritroso le rotte dei loro antenati: viene quindi fondata la colonia di Cartagine, in Sicilia, in Sardegna, luogo che già conoscevano da tempo perché molti di essi erano esattamente gli stessi Shardana, il mediterraneo occidentale e sin oltre le colonne d’Ercole, poiché ricordavano la rotta degli Atlantidi, la rotta ovest-est, ma ci fu anche una rotta sud-ovest, e verso nord est, che ora vedremo. Essi custodivano le rotte dei loro antenati. I discendenti dei popoli del mare, cosiddetti fenici, usciti dalle colonne d’ercole facevano sosta nelle isole atlantiche, costeggiavano l’Africa, raggiungevano Capo Verde, da là ad altre isole che con le maree compaiono e scompaiono, segreto che essi sapevano calcolare, e da là sino alla foce del Rio Grande nell’attuale Brasile, a testimonianza esistono diversi reperti Fenici in avorio rappresentanti animali come pappagalli tropicali.

 

 

È stato comunque dimostrato che anche partendo direttamente da Capo Verde, con una nave dell’epoca ricostruita è possibile senza molte difficoltà raggiungere sia il sud che il centro America. Ciò non deve sorprendere, erano i segreti dei navigatori, e la navigazione non era una cosa di tutti, ma solo dei discendenti di quei “Popoli delle Isole” come li chiamava il faraone Ramesse II, “L’isola in mezzo al grande verde”, era la Sardegna? No, era l’ultimo resto dei Atlantide nell’Oceano, base segreta delle tribù megalitiche, da cui partivano gli “ordini”, là tornavano i Guerrieri-Iniziati, per passare a un altro mondo. Con esso comunicavano attraverso le loro grandi opere di pietra, una scrittura e un linguaggio che l’uomo moderno non sa e non può forse ancora decifrare. Il segreto di queste rotte fu custodito per secoli, infatti la navigazione nei tempi antichi come abbiamo già detto non era un affare di tutti, e i navigatori avevano i loro segreti iniziatici come tutte le corporazioni. I Romani li appresero dai Cartaginesi, e altri alleati resisi padroni del mediterraneo tra cui i famigerati Liguri, altro popolo del mare citato da Ramesse II, che ancora oggi sono tra i migliori marinai del mondo, da questi passarono ai Normanni attraverso i Druidi Celti del nord, e così i Vichinghi e poi gli stessi Templari raggiunsero l’America ben prima di Colombo.

 

Testo di A.M.
Immagini A.A. (Monte d’Accoddi, Sardegna)